Nel cuore del Duomo di Napoli, durante le celebrazioni di San Gennaro del 2013, un momento apparentemente ordinario è diventato un’icona del web. Un ragazzo giapponese, con indosso la maglietta da calcio del Napoli, viene intervistato e risponde con una frase tanto semplice quanto disarmante: “Sono giapponese.” Ma cosa voleva dire davvero? E perché questa frase è diventata così virale? In questo articolo analizziamo la famosa frase del giapponese con la maglia del Napoli, chiarendo ogni dubbio sull’origine del meme e svelando la verità dietro alle interpretazioni più fantasiose.
La verità sulla frase del giapponese con la maglia del Napoli
Protagonista: un ragazzo giapponese con la maglia del Napoli, intervistato all’interno del Duomo di Napoli durante le celebrazioni di San Gennaro, il 19 settembre 2013.
Questo breve spezzone di pochi secondi è bastato per farlo entrare nell’immaginario collettivo, dando vita a uno dei #meme più iconici della cultura pop italiana. La frase, tanto semplice quanto spiazzante, è stata: “Sono giapponese.”
Il contesto: tra fede e ironia
L’intervista avviene in un momento carico di solennità: la celebrazione religiosa in onore di San Gennaro. L’inviato di Fanpage, Luca Iavarone, gira tra i fedeli chiedendo loro cosa stiano pregando o sperando dal santo. Quando pone la stessa domanda al giovane #giapponese, la risposta che arriva è totalmente inaspettata:
“Sono giapponese.”
Una frase disarmante, che ha creato un effetto comico immediato per via del contrasto tra il contesto sacro e la spontaneità della risposta. Nessuna preghiera, nessun desiderio espresso: solo un’identificazione. Ed è proprio questo che ha reso il momento così surreale e memorabile.
La nascita del meme
Da quel giorno, la clip ha iniziato a circolare sui social, raccogliendo migliaia di condivisioni e commenti. Il tono pacato, il volto impassibile e l’assoluta innocenza della risposta sono diventati elementi perfetti per una meme-culture basata sull’assurdo e sull’equivoco.
Con il tempo, la frase “sono giapponese” è diventata un modo ironico per evitare una risposta, giustificarsi o uscire da situazioni imbarazzanti. Insomma, una sorta di scappatoia linguistica universale, applicabile in mille contesti.
La bufala: “Assumi giapponese”
Come accade spesso con i contenuti virali, anche questa clip ha subito varie reinterpretazioni nel tempo. Alcuni blog – come il satirico JGuana – hanno ipotizzato che la reale frase pronunciata dal ragazzo fosse:
“Assumi giapponese”
Una teoria curiosa, secondo la quale il giovane stesse chiedendo simbolicamente un lavoro a San Gennaro. Ma si tratta solo di una lettura fantasiosa, priva di qualsiasi riscontro.
Le fonti ufficiali confermano
A mettere fine al dibattito ci ha pensato proprio il giornalista autore del servizio, Luca Iavarone, che ha confermato che la frase corretta pronunciata dal ragazzo era semplicemente:
“Ma io sono giapponese!”
Anche portali come CultWeb e Fanpage.it hanno ribadito l’autenticità della frase. Nessuna richiesta d’impiego, nessun “assumi giapponese”. Solo una risposta sincera e un po’ spaesata alla domanda su cosa si stesse chiedendo al santo.
Perché questa frase funziona così bene?
L’elemento comico deriva da un classico caso di cultural misunderstanding: un fraintendimento tra codici culturali diversi. In Giappone, non è insolito rispondere a domande imbarazzanti con formule evasive o di disorientamento. In questo caso, il ragazzo probabilmente non aveva compreso appieno la domanda, o forse era semplicemente troppo intimidito dal contesto per rispondere diversamente.
Eppure, proprio questa spontaneità ha reso la scena indimenticabile. La maglia del #Napoli, indossata con fierezza, ha poi aggiunto una nota di ulteriore surrealtà. Un tifoso giapponese, in un duomo napoletano, davanti al sangue di San Gennaro, che afferma la propria identità con assoluta semplicità. Una scena che più virale di così non poteva diventare.
Conclusione
In definitiva, la vera frase detta è “Sono giapponese”, non “Assumi giapponese”. Un momento di televisione genuino, diventato virale non per costruzione, ma per la sua assoluta autenticità.
È uno di quei rari casi in cui il comico nasce dall’incontro sincero tra mondi diversi. Ed è proprio per questo che, ancora oggi, a distanza di anni, quel giapponese con la maglia del Napoli continua a farci sorridere.